Assistenza dei pazienti oncologici ridotta a semplice prestazione. Confini alla ricerca scientifica. Un sistema sanitario pubblico depotenziato, più debole e a diverse velocità, con forti disequità nell’accesso alle cure sul territorio. Progressiva privatizzazione della sanità in alcune Regioni e concorrenza anche fra le strutture pubbliche, a danno sia dei pazienti che degli operatori sanitari. È questo, in sintesi, il punto di non ritorno per il Servizio Sanitario Nazionale, a cui rischia di condurre il disegno di legge sull’autonomia differenziata, approvato al Senato. Una norma su cui l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) esprime forti preoccupazioni, per le possibili conseguenze sulla qualità delle cure. “Se un trattamento contro il cancro non funziona, è regola della pratica clinica cambiare terapia – afferma Francesco Perrone, Presidente AIOM – e insistere con la stessa terapia, intensificando le dosi, aumenterebbe gli effetti collaterali senza alcun beneficio. Allo stesso modo, con la riforma del Titolo V della Costituzione, nel 2001 sono stati modificati i rapporti tra Stato centrale ed enti locali, demandando alle Regioni molti poteri nella gestione della sanità con l’obiettivo di ridurre le differenze territoriali nei risultati di salute e migliorare il livello dell’assistenza. L’obiettivo, lo dicono molte fonti, fra cui ‘I numeri del cancro in Italia 2023’ (AIOM, AIRTUM, Fondazione AIOM, Osservatorio Nazionale Screening, PASSI, PASSI d’Argento, SIAPEC-IAP), ‘Mobilità Sanitaria Interregionale’ (dati 2022, AGENAS) e ‘Quinta Indagine Nazionale sullo stato di attuazione delle Reti Oncologiche Regionali’ (Rapporto 2023, AGENAS), non è stato raggiunto. Al contrario, l’istituzione di 21 diversi sistemi sanitari regionali ha peggiorato le disparità nelle cure. L’autonomia differenziata costituisce, di fatto, un’intensificazione del regionalismo sanitario introdotto nel 2001, che ha già causato troppi danni ai pazienti oncologici. E temiamo che possa peggiorare le diseguaglianze invece che diminuirle”.
L’articolo 32 della Costituzione stabilisce che la tutela della salute è un diritto fondamentale dell’individuo. Oltre venti anni fa, a seguito della riforma costituzionale, furono introdotti i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), proprio per definire quali cure garantire a tutti. “I LEA avrebbero dovuto rappresentare un parametro per capire dove investire più risorse, ma sono diventati criteri per giudicare l’efficienza dei servizi sanitari regionali e per stabilire provvedimenti sanzionatori. In questo modo, sono stati trasformati in uno strumento volto a quantificare la distribuzione del Fondo Sanitario Nazionale – spiega il Presidente AIOM -. Le Regioni in difficoltà nel raggiungere i ‘criteri soglia’ definiti dai LEA, invece di essere supportate, sono state danneggiate con l’ulteriore riduzione dei finanziamenti, determinando così un circolo vizioso, perché senza risorse è difficile garantire una buona assistenza”. “Il sistema dei LEA, pertanto, non ha funzionato, ma la soluzione non può essere rappresentata dai Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), che verrebbero introdotti con la legge sull’autonomia differenziata – continua Francesco Perrone -. I LEP costituiscono uno svilimento e un’eccessiva semplificazione dei LEA. Dal concetto di assistenza si passa a quello della singola prestazione. Ma la cura dei pazienti oncologici è a 360 gradi e non si riduce a una somma di prestazioni, ad esempio alla sola somministrazione dei farmaci o alla possibilità di accedere tempestivamente a un intervento chirurgico. È un insieme complesso di elementi, che concorrono a risultati importanti, come la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti”.
Inoltre, è nella stessa natura del regionalismo la restrizione dei confini. “Sappiamo, però, che nella ricerca scientifica non devono esistere barriere – sottolinea il Presidente AIOM -. Solo la collaborazione e la coesione senza ostacoli consentono di migliorare la qualità delle cure. Questo è un principio cardine della nostra etica professionale, sia nell’assistenza che nella ricerca”.
Per troppo tempo la gestione del Servizio sanitario a livello centrale ha perso capacità propulsiva e competenze di gestione, che non sono state tempestivamente sostituite. Dall’altro lato, si sono distinte molte figure professionali in alcune Regioni, che hanno quindi richiesto maggiore autonomia. Ma, in questo modo, si sono acuite le disparità territoriali. “L’autonomia differenziata aumenterebbe il divario già esistente – spiega Francesco Perrone -. Oggi è già forte la concorrenza fra sistema pubblico e privato. Ma, con la realizzazione del regionalismo differenziato, è concreto il rischio che le stesse strutture pubbliche entrino in competizione fra loro e che le Regioni più ricche offrano ai professionisti migliori contratti e remunerazioni più elevate”.
In Italia, nel 2023, sono stati stimati 395.000 nuovi casi di tumore. Circa il 60% dei pazienti è vivo a 5 anni dalla diagnosi. “Il Servizio Sanitario Nazionale è uno dei migliori al mondo, ma ha bisogno di ‘manutenzione’ e di essere difeso nella sua principale caratteristica, cioè l’universalismo delle cure – afferma il Presidente AIOM -. Il progresso scientifico perde buona parte della sua ‘bellezza’ se non arriva a tutti. Anzi, assume le sembianze sgradevoli delle occasioni sprecate, dei diritti raccontati ma non garantiti. La via da seguire non va verso un regionalismo sanitario ancora più forte ma nella direzione di un potenziamento del sistema a livello centrale, a cui servono più competenze e risorse. Dall’altro lato, vanno realizzate le reti oncologiche regionali su tutto il territorio. Come reso noto nel recente rapporto di AGENAS, esistono ancora disparità sullo stato di avanzamento e sulla efficienza delle reti regionali e quelle ancora lontane dalla realizzazione degli obiettivi organizzativi vanno supportate, più di quanto non sia stato fatto fino ad ora”.
“Per tutti questi motivi – conclude il Presidente Perrone -, AIOM, grazie alle competenze proprie di una società scientifica, è a completa disposizione delle Istituzioni per ridurre le disparità ancora esistenti e continuare a garantire ai pazienti l’universalismo delle cure”.