4 marzo 2024 – Diventa un nuovo bersaglio di future terapie contro i tumori, la proteina che in condizioni normali aiuta a riparare i danni subiti dal Dna. La proteina si chiama Cdk9 e a scoprirne il ruolo è stata la ricerca condotta fra Stati Uniti e Italia, coordinata da Antonio Giordano, dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine della Temple University di Philadelphia, e condotta in collaborazione con il gruppo di Luigi Alfano, dell’Istituto Nazionale Tumori di Napoli Fondazione Pascale. Lo studio è publicato sulla rivista Oncogene.
“E’ un nuovo guardiano del genoma”, ha detto Giordano riferendosi al ruolo della proteina Cyclin Dependent Kinase 9 nella regolazione della riparazione del Dna. In particolare, lo studio ha dimostrato come l’assenza questa proteina privi le cellule malate di uno strumento importante per riparare i danni al loro Dna e, in questo modo, le rende più vulnerabili ai trattamenti chemioterapici. In Italia il gruppo di Alfano ha dimostrato come la mancanza della proteina Cdk9 vada ad impattare negativamente sul meccanismo della ricombinazione omologa, il più importante processo di riparo per evitare la formazione di mutazioni all’interno della sequenza del Dna. In pratica, spiega Alfano, la proteina Cdk9 sorveglia il genoma della cellula per evitare la comparsa di errori nella sequenza genica. Di conseguenza la sua alterazione all’interno dei tumori può essere importante per aumentare il carico mutazionale che è alla base della trasformazione e progressione tumorale.
Per Giordano “questa scoperta ci permette di aggiungere un nuovo importante tassello alla comprensione di come le cellule scelgono i meccanismi di riparo, favorendo la conservazione dell’informazione genetica e riducendo l’insorgenza di mutazioni predisponenti al cancro”. Si tratta di “un ottimo risultato – ha aggiunto – perché la descrizione del ruolo di Cdk9, scoperto da noi nel 1994, ci apre la strada alla generazione di nuovi inibitori farmacologici che potranno essere utilizzati sia in monoterapia che in combinazione con altri farmaci, già attualmente in uso, per potenziarne l’effetto antitumorale”. La scoperta, ha concluso, “apre la strada ad ulteriori studi per la valutazione di Cdk9 come possibile nuovo fattore predittivo della risposta a trattamenti farmacologici che agiscono sul riparo del Dna”.