Su 390mila nuovi pazienti oncologici registrati ogni anno in Italia, quasi 293mila sviluppano disturbi di attenzione, memoria e concentrazione, generando il fenomeno noto come “chemo brain”. Per offrire una soluzione efficace a questi disturbi, è nato il primo percorso di valutazione e riabilitazione neuropsicologica in Italia, ideato dalla Divisione di Psiconcologia dello IEO (Istituto Europeo di Oncologia) e diretto dalla professoressa Gabriella Pravettoni, proprio per aiutare le persone, durante e dopo le cure, a superare questi ostacoli grazie a strategie di recupero e compensazione.
“Le patologie e le terapie oncologiche, come chemioterapia, immunoterapia e radioterapia, possono influire temporaneamente sulle capacità cognitive – spiega Roberto Grasso, neuropsicologo allo IEO di Milano –. Si possono quindi manifestare disturbi di memoria, scarsa concentrazione, affaticamento mentale e rallentamento nei processi decisionali. Incontriamo pazienti con difficoltà a ricordare che giorno sia e cosa hanno fatto poco prima. Altri faticano a organizzare la propria giornata sulla base degli impegni professionali e personali. Altri ancora dimenticano gli appuntamenti di lavoro. Il servizio di recupero delle difficoltà cognitive può aiutarli a riprendere quella che era la vita prima della malattia.”
Il servizio è suddiviso in due step: la valutazione neuropsicologica e la riabilitazione.
“La valutazione prevede un’analisi approfondita delle funzioni cognitive del paziente, grazie all’utilizzo di test specifici – continua Grasso –. Avviene in struttura e dura circa un’ora e mezza. Gli obiettivi sono esaminare la memoria a breve e lungo termine, la capacità di attenzione e concentrazione, il linguaggio e le funzioni comunicative, le funzioni esecutive (pianificazione, organizzazione e problem solving) e le abilità visuo-spaziali. Ogni test è condotto da neuropsicologi esperti, in grado di comprendere l’entità dei deficit e di progettare un intervento personalizzato, che si realizza poi nella seconda fase, la riabilitazione, che punta a favorire il recupero delle funzioni cognitive compromesse o a sviluppare strategie di compenso per gestirle in modo più efficace. Questa fase del percorso può essere svolta sia in struttura che da remoto, per favorire i pazienti che sono distanti o che hanno difficoltà di movimento. Dopo un primo incontro si pianifica un pacchetto di 10 o 20 sessioni, da svolgere a intervalli di 2-3 giorni l’una dall’altra, perché il cervello si comporta come un muscolo, per questo va ‘allenato’ con costanza ma lasciandogli il tempo di recuperare tra un’esercitazione e l’altra. Nella fase riabilitativa vengono svolti esercizi pratici, con focus sulle aree deficitarie individuate in valutazione. Per esempio, se il paziente ha problemi di memoria, esistono attività specifiche da svolgere o con carta e matita o con strumenti tecnologici. Tra questi, riscuotono grande successo i training cognitivi computerizzati, cioè giochi basati su test neuropsicologici che permettono di rafforzare e compensare i domini in modo ludico.”
Il percorso è nato dalla necessità di fornire un sostegno ai sempre più numerosi pazienti oncologici: le nuove diagnosi di tumore sono infatti in aumento ogni anno, ma con loro aumentano anche i pazienti che sopravvivono grazie a nuove terapie risolutive o cronicizzanti.
“Spesso il disturbo cognitivo non viene considerato dagli oncologi come meriterebbe – conclude Grasso –. Si vigila molto sugli aspetti biologici (i più comuni effetti collaterali delle terapie oncologiche) e ora anche su quelli psicologici, ma ai problemi intellettivi viene riservata ancora poca attenzione. Si tratta però di disagi che possono impattare tantissimo sulla vita delle persone e che possono essere recuperati o compensati con grande successo, come dimostrano i risultati ottenuti allo IEO.”