05 Luglio 2024 – La guerra aumenta il rischio di morire di tumore. È stato stimato che, in Ucraina, un ritardo di 4 mesi nella diagnosi e nell’inizio delle cure per le 5 neoplasie più frequenti nel Paese, determini un incremento di 3.600 morti per cancro nei prossimi anni. I conflitti bellici, infatti, indeboliscono i sistemi sanitari nazionali, espongono i pazienti oncologici, per definizione fragili, a infezioni, li costringono a interrompere e a posticipare cure salvavita, ostacolano la catena di distribuzione dei farmaci, distraggono risorse che dalla Sanità vengono destinate alla Difesa, rallentando o cancellando i programmi di prevenzione contro le neoplasie. All’“Oncologia nei contesti di guerra”, AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) dedica una sessione del Congresso Nazionale AIOM Giovani, che si apre oggi a Firenze.
“AIOM è una società scientifica che guarda con attenzione anche a ciò che accade al di fuori dei nostri confini – spiega Francesco Perrone, Presidente AIOM -. Non possiamo limitarci a evidenziare le difficoltà, pur rilevanti, che incontrano i clinici e i pazienti colpiti dal cancro nel nostro Paese. La scienza ha un approccio globale e siamo pronti a collaborare con le società scientifiche di quelle aree del mondo, come l’Ucraina, che stanno affrontando enormi ostacoli nelle cure oncologiche a causa dei conflitti armati. L’aumento del rischio di cancro per la diffusione incontrollata di agenti inquinanti, i ritardi diagnostici e i ritardi terapeutici rappresentano tutti insieme motivo di preoccupazione, poiché si traducono tutti in un aumento della mortalità. Una stima pubblicata su ‘JCO Global Oncology’ e basata su una ottimistica ipotesi di soli 4 mesi di ritardo terapeutico porta a prevedere un eccesso di ben 3.600 morti nei prossimi pochi anni”.
L’edizione 2024 dei “Numeri del cancro in Italia” conterrà un capitolo con le testimonianze degli oncologi che lavorano in Ucraina e in altri contesti di guerra.
“Al National Cancer Institute di Kiev, il più importante centro oncologico del Paese – sottolinea Massimo Di Maio, Presidente eletto AIOM -, nella prima fase del conflitto il personale ha fatto sforzi incredibili per riuscire a somministrare le chemioterapie, perché, a causa dei blocchi improvvisi in città, molti dei medici e degli infermieri non riuscivano nemmeno a raggiungere l’ospedale. Nei successivi due anni, tutti gli operatori sanitari hanno compiuto sforzi importantissimi per ricondurre la situazione vicino alla normalità, pur permanendo tutte le criticità della guerra. Anche la ricerca ha subito una forte battuta d’arresto, perché non sono stati aperti nuovi studi per un lungo periodo. In Ucraina, inoltre, è stato attivato un programma di evacuazione all’estero dei cittadini colpiti dal cancro, che dal 2022 all’inizio del 2024 ha portato oltre 600 pazienti adulti e circa 600 pediatrici a essere trattati in altri Paesi europei. Un vero e proprio trauma per queste persone che, oltre a dover affrontare il tumore, sono state costrette a trasferirsi all’estero per potersi curare. Dall’altro lato, è un segnale positivo, perché significa che può esservi solidarietà tra Paesi per garantire le cure oncologiche. E una società scientifica come AIOM deve sostenere questo tipo di collaborazioni”.
“In Italia, 3,6 milioni di cittadini vivono dopo la diagnosi di cancro, quasi un milione può essere considerato guarito e circa il 60% dei pazienti è vivo a 5 anni – continua Massimo Di Maio -. Troppo spesso diamo per ‘scontati’ i progressi contro il cancro e l’accesso ai farmaci innovativi. Ma ci sono aree del mondo, non solo quelle interessate da guerre o carestie, ma anche i cosiddetti Paesi in via di sviluppo, in cui le terapie innovative restano un miraggio. Basti pensare che il 70% delle morti oncologiche, a livello mondiale, avviene proprio in Paesi a basso e medio reddito e in meno del 30% delle Nazioni a basso reddito sono disponibili le cure contro il cancro. L’innovazione nella ricerca e nella pratica clinica, che sta alla base del cosiddetto approccio ‘moonshot’, è importante, ma non bisogna dimenticare che moltissimi pazienti oncologici nel mondo beneficerebbero di interventi ‘groundshot’, cioè essenziali. A livello globale, la maggior parte dei pazienti colpiti da cancro muore perché non riesce ad essere curata con i trattamenti di base. Vogliamo che i giovani oncologi siano consapevoli di queste disparità”.
I soci AIOM sono 2483, di cui 1437 donne e 1046 uomini. “Gli under 40 sono 1262, quindi più della metà di tutti i soci – sottolinea Angela Toss, coordinatrice Working Group AIOM Giovani -. Anche tra i giovani la componente femminile è fortemente rappresentata, infatti le donne (857) sono il doppio degli uomini (405). La professione sta diventando sempre più complessa, aprendosi alle prospettive offerte dall’intelligenza artificiale, dai big data e dalla genomica. I giovani devono essere sensibili anche agli aspetti etici e sociali, grazie a una visione globale della cura della malattia, in cui le priorità cambiano, perché in alcuni Paesi troppi ostacoli impediscono le cure essenziali e la prevenzione è del tutto ignorata”.
“Guardare oltre i nostri confini significa capire che nel mondo vi sono sistemi sanitari molto diversi – conclude Francesco Perrone -. Anche i Paesi ad alto reddito possono essere caratterizzati da gravi disparità nelle cure. Ad esempio, negli Stati Uniti ci sono diverse sacche di popolazione che non hanno accesso a terapie oncologiche tempestive e adeguate. Disparità di status socio-economico, di copertura assicurativa e altri fattori portano a risultati molto diversi, anche all’interno dello stesso Paese. L’Italia continua ad avere un sistema universalistico in grado di garantire a tutti i migliori trattamenti. È un punto fermo che va difeso”.