16 maggio 2024 – Il Piano Oncologico Nazionale (PON) 2023-2027, a distanza ormai di un anno dalla sua approvazione, non è operativo. Le 125 pagine del documento, che dovrebbe rappresentare “la guida” istituzionale di riferimento per la strategia di controllo dei tumori in Italia, sono totalmente disattese. Innanzitutto, va istituita la Cabina di regia nazionale per monitorarne l’attuazione e individuarne i necessari incentivi come stimolo per le Regioni. Sono poi 4 le priorità su cui lavorare con urgenza, a partire dalle Reti Oncologiche Regionali, che devono rappresentare la prima porta di ingresso del paziente oncologico nel sistema per la sua presa in carico globale. Il modello di rete pone le basi per l’equità di accesso alle cure, la continuità assistenziale e la ricerca clinica diffusa. Ma solo in poche Regioni le Reti oncologiche sono totalmente performanti, anche in accordo con la loro organizzazione/governance di rete. Perché si raggiunga una reale efficienza in tutto il Paese, è indispensabile l’istituzione, non più procrastinabile, presso il Ministero della Salute, del Coordinamento generale delle Reti Oncologiche (CRO). La seconda priorità è rappresentata dalla realizzazione e diffusione dei Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA), strettamente connessi alle Reti Oncologiche Regionali, di cui rappresentano l’elemento portante. La terza priorità è costituita dalla programmazione e valorizzazione del personale del servizio sanitario: entro il 2025 è previsto un ammanco di oltre 43.000 specialisti. Infine, è necessario attivare la Rete Nazionale Tumori Rari (RNTR), la cui attuazione è volta a superare le criticità nella cura dei pazienti colpiti da queste neoplasie e, soprattutto, a razionalizzare il fenomeno della migrazione sanitaria.
Le richieste sono contenute nel 16° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, presentato oggi a Roma, nell’ambito della XIX Giornata nazionale del malato oncologico, promossa da FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) e dalle centinaia di Associazioni federate.
Subito dopo l’apertura dei lavori, l’On. Elisabetta Gardini, Presidente dell’Intergruppo parlamentare sulle malattie rare e oncoematologiche, ha sottolineato “il grande valore della collaborazione con il volontariato oncologico per rispondere concretamente ai bisogni dei malati, con appropriate iniziative legislative e di sindacato parlamentare. In particolare, l’Intergruppo, in linea con la Mission on Cancer e il Piano oncologico europeo, è impegnato a rendere immediatamente disponibili i farmaci early access, subito dopo l’approvazione da parte di EMA. L’Intergruppo presta anche particolare attenzione alla presa in carico complessiva dei malati di cancro, attraverso l’attuazione delle Reti Oncologiche Regionali e della Rete Nazionale dei Tumori Rari”.
“È sotto gli occhi di tutti che, per la sanità pubblica, è venuto meno l’universalismo delle prestazioni, penalizzando particolarmente le persone socialmente più fragili e vulnerabili – spiega Francesco De Lorenzo, Presidente FAVO – La crisi strutturale del Servizio Sanitario Nazionale può infatti essere misurata con i livelli di diseguaglianza. È sempre più netta la distinzione tra cittadini che possono curarsi, ma con risorse proprie, e coloro che invece sono costretti a rinunciarvi. Il ricorso alla spesa privata è in forte crescita. Il Servizio Sanitario ha perso così, senza che il cambiamento fosse governato, la sua funzione di strumento di coesione sociale, ma soprattutto la sua natura di servizio universale. Servono risorse adeguate alla domanda di salute ma con urgenza occorrono almeno investimenti selettivi in oncologia, a partire dagli screening, nell’ottica dell’appropriatezza e della sostenibilità”. “Per finanziare la sanità – continua Francesco De Lorenzo -, è necessaria una forte e condivisa volontà politica, ad ogni livello istituzionale, in linea con quanto ci chiede l’Europa. Il cancro determina un fabbisogno di assistenza diretto e indiretto complesso e multidisciplinare, che si proietta addirittura dopo la guarigione clinica, tanto che le disuguaglianze per i malati di tumore sono ancor più marcate. Le peculiarità del cancro e la complessità del fabbisogno di assistenza che deriva da questa malattia fanno sì che l’oncologia possa rappresentare un laboratorio di soluzioni valide per tutto il sistema, anche in grado di trainarne la ripresa”.
In Italia la sopravvivenza per i tumori a 5 anni raggiunge il 60% e quasi 4 milioni di cittadini vivono dopo la diagnosi. “A questi dati fortemente positivi e risultato dell’alta qualità del nostro Servizio Sanitario – evidenzia Elisabetta Iannelli, Segretario FAVO – si contrappongono difficoltà sempre più crescenti, che riguardano la tenuta del sistema in tutti gli ambiti della strategia di controllo dei tumori: dagli screening, con differenze di copertura che superano il 40% tra le Regioni del Nord e quelle Sud, alle difficoltà di accesso ai test di biologia molecolare, ai percorsi terapeutici, ai programmi di riabilitazione fisica e psico-sociale, alla ricerca. Da qui la richiesta di istituire quanto prima la Cabina di regia nazionale (prevista dall’art 1, comma 2, dell’Intesa Stato Regioni del 26 gennaio 2023 concernente il PON) che monitori il Piano, ne valuti i risultati e individui i necessari incentivi per le Regioni, anche mediante un’interazione strutturata dei diversi livelli istituzionali sia a livello nazionale (Ministero della Salute, AGENAS, AIFA e ISS), che regionale, con il coinvolgimento attivo del mondo professionale, delle società scientifiche e delle Associazioni dei pazienti. Le scelte fatte finora sul piano finanziario non sono certamente idonee a rispondere alle necessità di cura dei malati di cancro. Con il Decreto del Ministero della Salute dell’8 novembre 2023 si è provveduto al riparto del fondo per l’implementazione del Piano Oncologico Nazionale per il periodo 2023-2027. Alla Lombardia sono destinati poco più di 1.700.000 euro per ciascun anno, alla Basilicata circa 83.000. Si tratta di cifre a dir poco irrilevanti, del tutto insufficienti a raggiungere gli obiettivi previsti dal PON”.
“Il Piano punta alla piena realizzazione in tutte le Regioni delle Reti oncologiche, per favorire un’assistenza sempre più integrata tra l’ospedale e il territorio, implementare la digitalizzazione e valorizzare il ruolo di medici di medicina generale – spiega Francesco Perrone, Presidente AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) -. Si tratta di un imprescindibile modello organizzativo che, unito ad un approccio multidisciplinare, garantisce la migliore presa in carico dei pazienti. Tutto questo richiede un’importante e trasparente attività di coordinamento, grazie alla collaborazione tra le Istituzioni, le società scientifiche e le associazioni dei Pazienti”.
“Ho seguito nel tempo, con attenzione e interesse, le attività che FAVO svolge al servizio dei malati di cancro e delle loro famiglie – commenta Luigi Genesio Icardi, Coordinatore vicario della Commissione Salute della Conferenza Stato-Regioni -, con particolare riguardo al caratterizzante e fondamentale contributo che ha portato all’approvazione, avvenuta lo scorso luglio, dell’Intesa Stato Regioni sul ruolo delle Associazioni di volontariato, di malati e di attivismo civico nelle reti oncologiche. Per la prima volta è riconosciuto formalmente e a tutti i livelli il ruolo centrale delle Associazioni di pazienti e di volontariato all’interno delle Reti Oncologiche Regionali. La Commissione Salute ha considerato e considera le Reti oncologiche come l’unico strumento concreto e operativo per la presa in carico complessiva dei malati di cancro, anche ai fini della rilevanza che queste hanno per la sostenibilità del sistema”.
In Italia, nel 2023, sono stimate 395.000 nuove diagnosi di tumore: in tre anni, l’incremento è stato di 18.400 casi. “La maggiore incidenza e la possibilità di cronicizzare la malattia producono una continua crescita, anche prolungata nel tempo, dei carichi assistenziali – sottolinea Carmine Pinto, Past President FICOG (Federation of Italian Cooperative Oncology Groups) -. I Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali sono fondamentali per il funzionamento delle Reti Oncologiche Regionali e consentono di migliorare la qualità delle cure, ma nel Piano Oncologico Nazionale non è prevista nessuna indicazione sulle risorse indispensabili per coprire figure necessarie quali i clinical study coordinator, gli psiconcologi, i nutrizionisti o i fisiatri. Allo stesso modo, non vengono individuati e definiti i percorsi per la continuità e integrazione assistenziale tra ospedale e territorio. Si dovranno ridisegnare i PDTA per una presa in carico anche territoriale con team multidisciplinari allargati e con il coinvolgimento dei medici di medicina generale. Questo permetterà di riaffermare il concetto di ‘regia unica’ per l’intero percorso oncologico e di garantire il monitoraggio del paziente anche con controlli di prossimità”.
La terza priorità è rappresentata dalla valorizzazione del personale sanitario. Dal 2000 al 2022 si sono collocati all’estero circa 140.000 medici italiani e la maggior parte è impegnata nella Ricerca clinica o di base, che non era stato per loro possibile portare avanti nel nostro Paese. “Senza i professionisti cadono i capisaldi del sistema universalistico: equità e uniformità di accesso alla prevenzione, cura e riabilitazione – affermaPaola Varese, Presidente del Comitato Scientifico di FAVO -. Dobbiamo partire dalle carenze e criticità attuali che, se non colmate, rischiano di far mancare medici e infermieri nei prossimi dieci anni. L’innovazione, inoltre, sta cambiando il lavoro ed i bisogni professionali in sanità. Sempre di più la medicina si avvarrà di tecnologie che provengono da mondi diversi, dalla medicina di precisione, dalla robotica, dalla digitalizzazione, all’intelligenza artificiale fino alla realtà virtuale”.
La quarta priorità è rappresentata dall’attivazione e operatività diffusa della Rete Nazionale Tumori Rari. Il PON riporta: “Con l’Intesa Stato-Regioni del 21 settembre 2017 è stata attivata la Rete Nazionali dei Tumori Rari”. “Nel 2023 sono stati finalmente individuati, con la collaborazione di tutte le Regioni, i centri della Rete – dice Paolo G. Casali, che coordina la rete professionale dei tumori rari solidi dell’adulto -: ora è necessario che la Rete Nazionale Tumori Rari possa avviare la sua operatività nelle diverse Regioni, come ha pochi giorni fa deliberato di fare Regione Lombardia, prevedendo un’implementazione progressiva del modello organizzativo previsto dall’Intesa Stato-Regioni, anche con la partecipazione attiva delle associazioni dei pazienti, nei vari gruppi dei tumori rari solidi dell’adulto. Occorre però che, a livello nazionale, si definiscano indicazioni precise sulle risorse da allocare, in particolare ai centri destinati a erogare i teleconsulti, così come sulla realizzazione dei supporti informatici e di un centro-servizi della Rete. Solo così il network europeo delle ERN, cioè le Reti di riferimento europee per le malattie rare, che è stato approvato dalla Commissione Europea nel 2017 e che prevede una forte partecipazione di diversi centri oncologici di eccellenza italiani, potrà risultare effettivamente accessibile a tutte le persone colpite da tumore raro sull’intero territorio nazionale”.